Non sapevo che
il convegno fosse di questa vastità culturale (antropologia, psicoanalisi,
alimentazione), quindi mi ero preparato fino ad un certo punto: credevo
di fare solo un breve intervento. Ho comunque almanaccato qualcosa nel
frattempo, che andasse un po' al di là.
Comincio col dire che io non consumo cioccolato e che in quella dieta,
proposta dalla nutrizionista inserirei piuttosto il vino, se dovessi
esorbitare nelle calorie richieste dal mio organismo
Volevo anche dire che io diffido del cioccolato perché è un'esperienza
"totale", come dimostra Flaubert, e io diffido delle esperienze totali,
come diffido dell'amore in generale. Scrive Sinisgalli: "chi ama non
riconosce e non ricorda, è straniero ad ogni evento", oppure come dice
Cardarelli di una vergine, "di quello che ne può godere, senza la sottile
coscienza che offende il geloso Iddio". Dio è geloso dell'esperienza
totale degli uomini, per questo i mistici di solito finivano al rogo,
perché il misticismo presuppone un'esperienza totale.
Dunque il cioccolato offre un'esperienza totale, estraniante dal mondo,
ed è per questo che io diffido di lui. Devo aggiungere però, detto questo,
che - come etologo - ho un debito verso il cioccolato che non posso
dimenticare. Il cioccolato è servito per confutare una delle principali
teorie, fondanti quasi un dogma, della scuola dei behavioristi.
Voi sapete che i behavioristi sono stati i grandi rivali degli etologi:
le due scuole si sono sempre divise su alcuni punti. Per esempio gli
etologi pensano che molto si erediti, mentre i behavioristi ritengono
che tutto si apprenda; non a caso l'etologia è nata nella vecchia Europa,
che è attaccata alle tradizioni ed anche un po' conservatrice (Lorenz
lo era molto, anzi forse troppo!). Il behaviorismo invece è nato nella
libera America, dove la frontiera - l'invenzione della vita di ogni
giorno - faceva supporre che tutto fosse appreso o che tutto dovesse
essere appreso.
Allora vengo al mio debito verso il cioccolato. Voi dovete sapere che
per i behavioristi (e cito Skinner che è stato l'ultimo e che, fra l'altro,
è stato presente nel nostro secolo molto pesantemente) "tutto è appreso
e tutto può essere appreso". Quindi due stimoli possono essere associati,
qualunque essi siano. Questo è il dogma centrale di Skinner, il quale
diceva: "datemi un bambino ed io ne faro un genio o un cretino, un grande
musicista o un grande poeta, un bravo conduttore di treni, oppure un
delinquente inveterato. Voi me lo date e ci penso io". Un'idea che i
Gesuiti avevano già coltivato nel passato: di poter fare qualsiasi cosa
prendendo i bambini. E molte idee sul finanziamento della scuola privata
si ricollegano a questa fantasticheria di un possibile condizionamento.
Il resto non ve lo dico, ma ve lo lascio immaginare.
Allora che cosa è successo? Skinner e i suoi allievi affermavano il
seguente dogma: "si può associare qualsiasi stimolo, anche indipendentemente
dall'evoluzione di quell'organismo. E questa teoria resistette a lungo,
finché un bel giorno comparve un certo Garcia che la confutò, demolendo
definitivamente il dogma proprio servendosi del cioccolato. Racconta
Garcia che sua madre era una signora che non solo non poteva mangiare
il cioccolato, ma neanche vederlo: la sola vista di una tavoletta di
cioccolato suscitava in lei una repulsione profonda ed anche - addirittura
- dei conati di vomito. Quindi aveva una specie di avversione totale
per il cioccolato. Allora lo studioso ha fatto un po' l'anamnesi dell'origine
di questa sua propensione negativa ed ha scoperto che era successo alla
madre - da bambina - questo evento. Un giorno era stata portata in una
pasticceria, dove aveva mangiato cioccolato fin che voleva, perché era
il giorno in cui aveva superato un esame della scuola elementare e le
era stato concesso di mangiare tutto il cioccolato che desiderava. E
lei lo aveva mangiato. Poi aveva preso un ferry-boat che attraversava
un lago; allora su questo lago il vento aveva cominciato a soffiare
- un vento infausto - ed era cominciato un grosso beccheggio. E lei,
che soffriva di mal di mare, aveva reso al lago tutto quello che aveva
preso in pasticceria (per dirlo con un eufemismo).
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