"Il Panettone nella leggenda"

Si narra che, verso il '400, durante un banchetto presso la corte degli sforza, il dolce previsto dal cuoco si bruciò in cottura. Per rimediare alla mancanza; uno sguattero della cucina, detto Toni, propose un dolce che aveva preparato per sè, usando gli ingredienti che aveva trovato a disposizione tra gli avanzi della precedente preparazione. Un "pane dolce" profumato di frutta candita e burro, con una cupola ben brunita, fu quindi portato in tavola. Un coro di lodi si levò unanime e gli ospiti chiesero di conoscere il nome e l'autore di questo straordinario pane dolce. Toni si fece avanti dicendo di non avergli ancora dato nessun nome. Fu così chiamato "il pan del Toni", ossia il panettone.
Un'altra leggenda è legata ad una storia d'amore. Un certo Ugo della nobile famiglia degli Atellani, si innamorò di adalgisa, figlia di Toni, fornaio di porta Vercellina. Per star vicino alla sua amata il cavaliere si improvvisò pasticcere e creò un pane diverso, più ricco, aggiungendovi canditi e uvetta. Erano i tempi di Ludovico il Moro e il nuovo dolce fu molto apprezzato, procurando al fornaio un'ampia clientela: la gente veniva da ogni dove per gustare il "pan de4l Toni". I giovani innamorati si sposarono grazie all'intervento della duchessa Beatrice, moglie di Ludovico.

Il segreto del panettone sta nel lievito
Scriveva Annibale Casati nel 1930: "Il lievito naturale è la prima importante fase per la produzione del panettone, occorre la massima attenzione durante il fenomeno fermentativo, senza un buon tirocinio, abilità, pratica, esperienza tecnica non si potrà mai avere una perfetta riuscita del prodotto".
Per preparare il lievito naturale occorre un pezzo di pasta acida del giorno prima, nella proporzione di uno a tre. Si ottiene così la prima base del lievito naturale e lo si pone a riposare ravvolto entro un telo, in luogo asciutto e fresco; dopo 5 o 6 ore come media, raggiunge il doppio del suo volume.
Come si rinfresca
Si interviene con una proporzione a pari peso di farina e acqua necessarie ad un nuovo impasto; a sua volta lo si lascia fermentare ponendolo in un recipiente ricoperto di tela, per ottenere un volume complessivo circa due volte e mezzo il primo. Si ripete l'operazione per tre volte e l'ultimo ottenuto è il lievito pronto per l'impasto: il lievito va stretto e arrotondato, praticando un taglio a croce prima della fermentazione. I rinfreschi trattengono o imprimono forza ai lieviti.
Come si presenta
Il lievito naturale non deve essere troppo duro perchè, oltre a formare sulla superficie delle croste, la fermentazione è più tardiva e gli acidi si formano più facilmente; se è troppo molle, accellera la fermentazione producendo acido acetico o anche acido butirrico. Si tratta di un acido frte con spiccato odore di rancido e la sua azione è molto nociva, occorre quindi evitare la sua formazione e, a questo scopo, bisogna esercitare un'attiva sorveglianza. La lavorazione del lievito ha grande importanza perchè permette all'impasto di acquistare elasticità e resistenza per racchiudere e trattenere i gas che si sviluppano nella fermentazione. Durante l'impasto il lievito dovrà essere stemperato accuratamente in modo tale che risulti tenero, omogeneo e consistente; l'acqua che serve per l'impasto deve avere una temperatura uguale a quella del laboratorio ed in ogni modo non dovrà mai superare i 20°C.