Barolo

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Regione: Piemonte
Provincia: Cuneo
Altitudine: 301 metri s.l.m.
Abitanti: 301
Patrono: San Donato
Festa patronale: San Luigi


 
Descrizione
Il piccolo comune di Barolo è situato al centro di una vasta conca collinare ricoperta di rigogliosi vigneti di "Nebbiolo da Barolo", il vitigno da cui prende origine il più famoso dei vini D.O.C.G. cuneesi.
Il paese è la patria, anche onomastica, del vino "Barolo" e di tutta la zona in cui il vino é prodotto. Il Barolo è indubbiamente il vino italiano che gode di maggior prestigio internazionale. Il suo sapore austero, il suo bouquet ricco lo rendono ideale accompagnamento di arrosti, selvaggina e formaggi stagionati.
Il maggior merito della fama attuale di cui gode il Barolo si deve al Marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo, proprietario dei vigneti del paese e di quelli di Serralunga d'Alba, passati poi all'omonima Opera Pia. La diffusione all'estero del vino si deve anche al conte Emanuele di Mirafiori, figlio morganatico di Vittorio Emanuele Il e creatore della tenuta di Fontanafredda.
Al celtico "Bas-reul" (basso luogo) pare risalire l'origine del toponimo Barolo. Una lapide funeraria trovata in una vicina frazione testimonia la presenza romana sul territorio. Dal 1250 circa lo ebbero in feudo i potenti Marchesi Falletti che, nel tempo, vantarono la loro signoria su altri cinquanta feudi nel solo Piemonte. La dinastia si estinse nel 1864 con la morte dell'ultima Marchesa, Giulia Colbert.
Da Visitare
Il castello, eretto nel X secolo come baluardo contro le invasioni saracene, porta il nome dei Marchesi Falletti che lo tennero dal XIII secolo fino alla seconda metà del XIX secolo, quando la dinastia si estinse. L'ultimo discendente dei Falletti fu Carlo Tancredi (1782-1838) il quale aveva sposato (1807) Giulia Colbert di Maulévrier, pronipote del grande ministro del Re Sole: la coppia, senza eredi e molto ricca, si dedicò ad opere filantropiche lasciando il proprio patrimonio in beneficenza. La visita al castello offre al "piano nobile" le stanze della Marchesa con gli arredi d'epoca; la camera da letto di Silvio Pellico, ospite illustre e bibliotecario della famiglia e la ricca biblioteca.
Al piano superiore trova spazio il Museo Etnografico ed Enologico, mentre nelle antiche cantine è visitabile l'Enoteca Regionale del Barolo con ampia esposizione della produzione delle Terre del Barolo. La Chiesa Parrocchiale conserva la sua antica pianta romanica: all'interno, come testimoniano le lapidi esistenti, furono sepolti alcuni membri della casata marchionale.
Sulla collina di fronte al paese sorge il Castello della Volta, così chiamato in riferimento ed un crollo avvenuto all'inizio del 1300. Si narra che durante una festa offerta dai signori che lo abitavano, uomini e donne si abbandonarono ad un'orgia collettiva: il soffitto (la "volta") di un salone improvvisamente crollò travolgendo e seppellendo tutti i partecipanti alla festa. Dal sito del castello si gode l'affascinante vista di buona parte della zona di produzione del Barolo e, verso oriente, il caratteristico susseguirsi parallelo delle colline di Langa.
Divisa tra i comuni di Barolo e di Narzole è la frazione Vergne. Terra di vini nobili, invita il turista ad una sosta sia per apprezzare la buona cucina che per godere di una sua peculiarità: qui, infatti, sono stati realizzati numerosi affreschi, murales e dipinti che nel "percorso della memoria" illustrano la vita contadina dellagente di Langa.
Queste opere scorrono sui muri delle case del paese e tra i sentieri delle borgate come illustrazioni di un libro di ricordi: è una nostalgica passeggiata che lascia il turista sorpreso.
I pittori hanno rievocato uomini e donne nel duro lavoro dei campi, tra i filari, intenti alla trebbiatura e nel lavoro di vinificazione, le donne sono figure importanti ricordate nella loro doppia fatica di contadine e massaie. Il lavoro continua, i muri di Vergne sono come grandi tele in attesa che i pittori, con i loro colori, facciano di questo piccolo paese un posto unico nelle Langhe.
Piatti e Prodotti Tipici

Produzioni alimentari
grissini, paste di Meliga, torte di nocciole, salami.

Produzione di vini
Dieci anni nella vita di un uomo rappresentano una fetta considerevole della sua esistenza, ma in viticoltura, dove la riprova di ciò che abbiamo fatto si può avere, se va bene, solo l'anno successivo, gli stessi dieci anni rappresentano solo un breve arco di tempo. Pensare dunque ai cambiamenti e direi addirittura agli stravolgimenti che hanno caratterizzato il mondo del Barolo a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta non può che lasciare meravigliati. Stravolgimenti che hanno avuto ripercussioni non solo sull'immagine e sul mercato del Barolo, ma anche sul gusto di questo vino la cui definizione ha visto confrontarsi in modo spesso aspro, e secondo un copione già sperimentato in altri campi, due scuole di produttori che sono state subito classificate, in modo assai superficiale, come innovativa e tradizionale. Posto in questi termini infatti il contrasto tra le due correnti di pensiero, che certo esistono ma che non hanno confini così definiti come molti vorrebbero far credere, ha rischiato e rischia tuttora di esaurirsi in una sterile contrapposizione di campanile perdendo di vista quello che invece deve essere il vero obiettivo per una zona di così grande importanza come le Langhe, e cioè la capacità di produrre sempre e comunque un vino che rifletta il suo territorio e sia dunque irripetibile.
Se è vero infatti che fino a quindici anni fa (con le ovvie e necessarie eccezioni) il Barolo era troppo spesso un vino mal vinificato e mal conservato e che la nuova generazione di produttori ha saputo dare uno scossone benefico e innegabile a una situazione ormai da troppo tempo stagnante, è anche vero che questa corsa verso le nuove tecniche di vinifieazione e di invecchiamento (leggi macerazioni brevissime e soprattutto l'uso spesso esasperato del rovere nuovo) ha portato in diversi casi ad avere vini impersonali e sovraccarichi di legno che poco hanno a che fare con quello che questa terra e questo vitigno possono esprimere. Ma non solo, la diversità di stili che alcuni produttori - sia da un lato sia dall'altro - non sembrano voler accettare è invece una grande ricchezza per questa denominazione, non fosse altro che per la fonte di ispirazione (e di ripensamenti) che essa può rappresentare per i futuri e necessari sviluppi. Una diversità che oltretutto, nelle condizioni attuali di mercato, non spetta certo ai produttori giudicare ma piuttosto ai consumatori, che questo stesso mercato creano e alimentano.
E proprio pensando a loro, una profonda riflessione dovrà essere fatta a proposito dei prezzi, che sull'onda del successo e di altre favorevoli congiunture (come il passato deprezzamento della lira rispetto alle valute straniere) hanno raggiunto livelli inimmaginabili fino a dieci anni fa e, quello che più conta, molto spesso non in linea con la qualità offerta, soprattutto nelle annate più deboli come il 1992 e il 1994. Se bere dunque un buon Barolo è oggi molto più facile che in passato, ancora molto deve essere fatto perché questo successo, meritatissimo, si perpetui anche nel prossimo millennio.
Vedi anche i comuni di: Castiglione Falletto, Cherasco, Diano d’Alba, Grinza­ne Cavour, La Morra, Monforte d’Alba, Novello, Roddi, Serralunga d’Alba, Verduno.

Piatti tipici
bagna cauda, carne all'albese, agnolotti al plin, tagliatelle, brasato al barolo, bollito, budino, torta di nocciole, la finanziera, torta di sangue, batsoa, arrosto di maiale, le bugie (dolci), fritin di gaggia.



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