Addio cioccolato vero?

Oggi 3 agosto 2003 è una data storica per il cioccolato italiano perché è entrata in vigore la nuova direttiva CEE sul cioccolato che consente l'introduzione di grassi vegetali diversi dal burro di cacao per un massimo del 5% .

Ecco il punto di vista di Chococlub ossia la maggiore associazione italiana di appassionati di cioccolato... direttamente dalla voce del suo presidente, il dr. Davide Ferrero.

 

L'Italia, ultimo baluardo del cioccolato "vero" insieme alla Spagna, qualche mese fa aveva tentato la "carta" del porre il divieto di commercializzazione con la parola "cioccolato" di tutto ciò che era realizzato con grassi diversi dal classico burro di cacao proponendo invece di utilizzare per questi tipi… la parola "surrogato di cioccolato".
Tale posizione è costata una condanna da parte della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Secondo la sentenza pronunciata a Lussemburgo dalla Corte europea, infatti, l'utilizzo di queste sostanze non comprometterebbe la qualita' finale.
I giudici di Lussemburgo hanno deciso che "le normative italiana e spagnola sono sproporzionate e violano il principio della libera circolazione delle merci" nell'Unione. Ai due Paesi non resta nessuna possibilita' di ricorso. Non si potra' dunque andare in appello per modificare la decisione. Non resta che rispettare la direttiva. Tuttavia, aggiungono i giudici, se non si puo' imporre che il prodotto venga chiamato "surrogato di cioccolato", e' indispensabile invece un'etichettatura che chiarisca ingredienti e percentuali.
 
La Corte di Giustizia delle Comunità europee, in data 16 gennaio 2003, nella Causa C-14/00, ha statuito che la Repubblica italiana, nel prevedere che i prodotti di cacao e di cioccolato contenenti sostanze grasse diverse dal burro di cacao, e però legalmente fabbricate in quegli Stati membri che autorizzano l'aggiunta di dette sostanze, debbono essere commercializzati nel nostro paese con la denominazione di "surrogato di cioccolato", è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell'articolo 30 del Trattato CE (divenuto in seguito a modifica articolo 28) che vieta fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all'importazione nonché qualsiasi misura di effetti equivalente. In effetti, precedentemente al decreto legislativo in oggetto, in Italia la Direttiva 73/241/CEE era stata recepita dalla Legge 351/1976. In base a quest'ultima legge, i prodotti che contengono sostanze grasse diverse dal burro di cacao sono da considerarsi prodotti di imitazione del cioccolato. La Corte di Giustizia ha ritenuto diversamente, affermando che una corretta informazione del consumatore sulla presenza di grassi vegetali diversi dal burro di cacao fosse sufficiente a garantirlo. Non invece la denominazione differente che, a suo giudizio, configura una violazione del principio di libera circolazione delle merci.

In seguito a questa condanna quindi, l'Italia è stata costretta a recepire la direttiva CEE tanto contestata dagli appassionati di cioccolato e quindi… da ora in poi anche nel nostro Paese, il cioccolato potra' essere realizzato utilizzando grassi diversi da quello "originale". I giudici europei hanno infatti stabilito che l'aggiunta nella produzione di cioccolato di sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao "non modifica la natura del prodotto e l'indicazione sull'etichettatura e' sufficiente per garantire una corretta informazione dei consumatori".
In ogni caso i prodotti in cioccolato che contengono grassi vegetali diversi dal burro di cacao si chiameranno cioccolato, come chiede la direttiva europea, ma avranno scritto chiaramente queste parole: "contiene altri grassi vegetali oltre al burro di cacao"; parole chiare e semplici, che informano i consumatori.

L'Italia però ha utilizzato una sorta di escamotage per tutelare al massimo il vero cioccolato definito "cioccolato puro".
Il decreto legislativo che ha recepito la normativa CEE, ha inserito la dicitura "cioccolato puro" per definire il cioccolato prodotto con il solo burro di cacao e non con altri grassi vegetali diversi.
L'astuzia degna di nota è arrivata dal Ministro Alemanno cha ha proposto tale definizione non come "categoria di cioccolato" ma come "diciture o aggettivi relativi a criteri di qualità"… una sottile differenza che però ci tutela verso possibili richiami dalla Corte di Giustizia anche se ci permettere di giungere al medesimo risultato: discriminare tra cioccolato con 100% burro di cacao e "cioccolato" con aggiunta di grassi diversi dal nobile burro di cacao.
La direttiva europea infatti, non prevede la denominazione "cioccolato puro" e quindi occorre certamente evitare che ci si possa appellare per poter domandare la cancellazione di tale denominazione. La particolarità è che è la stessa direttiva europea che fornisce la soluzione: L'Europa ha infatti previsto che i singoli stati possono completare la denominazione di vendita del cioccolato con "diciture o aggettivi relativi a criteri di qualità" (articolo 3, paragrafo 5, della Direttiva).
Il termine "puro" è quindi riferito a questo criterio di qualità previsto dall'Unione Europea: in questa maniera risulterà che lo scopo principale è quello di segnalare la qualità del prodotto al consumatore e non di creare una categoria di cioccolato a parte. Il risultato è lo stesso, ma è stato eliminato il possibile appiglio per ricorsi in sede comunitaria.

Chococlub però si permette di fare un'appunto alla direttiva recepita: le sanzioni sono troppo lievi.
Pensate infatti che chi confeziona "cioccolato puro", utilizzando ingredienti diversi dal burro di cacao, incorre in una sanzione pecuniaria che va da tremila ad ottomila euro. Può essere un deterrente per le oltre 14.000 pasticcerie artigianali italiane, ma cifre così rendono del tutto ininfluente l'azione di controllo qualora il soggetto di punire sia una grande azienda, con milioni di euro di fatturato: ottomila euro è in questo caso una sanzione troppo lieve e quindi priva di efficacia.

In conclusione:
Potranno essere denominati "cioccolato puro" soltanto quei prodotti alimentari a base di cacao che contengono eslusivamente burro di cacao come ingrediente naturale. Quelli invece nei quali vengono utilizzati altri grassi vegetali riporteranno la definizione "cioccolato" sulla confezione di vendita.

Spezziamo però una lancia a favore delle creme… perché è impossibile utilizzare solo ed unicamente il burro di cacao: si giungerebbe ad avere non una crema ma un vasetto di cioccolato denso difficilmente spalmabile. Sono proprio i grassi aggiunti che permettono al cioccolato di mantenersi in quel sublime "stato cremoso". E poi… basti pensare che nelle creme gianduia, esiste d'obbligo un altro grasso aggiunto che è quello contenuto nelle nocciole! Se non volessimo utilizzare nemmeno quello… dovremmo dare un addio definitivo a tutte le creme al cioccolato, dalle artigianali alle più famose!

Un'altra considerazione degna di nota è che discutendo con le principali aziende produttrici di cioccolato, Chococlub ha avuto una grande rassicurazione: tutte quelle che sino ad ora hanno realizzato cioccolato "puro", continueranno a farlo nel medesimo modo senza avvalersi della possibilità offerta dalla nuova direttiva.

In conclusione quindi, Chococlub a nome dei suoi oltre 12.000 iscritti ed appassionati di cioccolato vero, condanna l'utilizzo di grassi vegetali diversi dal burro di cacao ed invita tutti gli appassionati del "cibo degli Dei" a fare bene attenzione a ciò che si compra. L'attenzione maggiore dovrà essere portata più verso le aziende straniere che inizieranno a commercializzare nuovi prodotti in Italia. Sino ad ora infatti, in Italia non era ammesso commercializzare come cioccolato ciò che era considerato cioccolato all'estero e cioè con grassi vegetali in sostituzione del burro di cacao: da oggi si potrà.

Quindi… occhio all'etichetta e… buona degustazione!

Chococlub

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